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L’autenticità batte la perfezione

Siamo saturi. Di filtri, preset, occhi lucidi a comando, cieli corretti con l’AI e sorrisi inseriti in postproduzione. La perfezione non emoziona più: è diventata la nuova banalità.

E allora? Allora vince chi stona. Chi lascia un bordo storto, chi osa un flash bruciato, chi inquadra quel momento tra lo scatto e il clic.

La verità è che ogni cosa è marketing di se stessa.

Una maglietta bucata. Una foto sfocata. Un cane che passa in mezzo alla posa. Non servono più slogan: servono segni. Tutto racconta, tutto genera attrazione se è vivo.

"Meglio un pugno in un occhio che un like senza attenzione."


Nel marketing fotografico oggi non vendi più solo immagini: vendi un linguaggio, un universo visivo, un punto di vista.

“Ogni elemento in una foto è marketing di se stesso.”

Anche ciò che il fotografo non controlla.


E questo universo deve essere tuo, irregolare, sporco e pop, come i colori di una copertina anni '90, come i fumetti sparati in sovrimpressione, come un’idea che si rompe mentre la stai montando.

Differenziarsi non è trovare il proprio stile.

È accettare che il tuo stile sia il risultato delle tue imperfezioni, dei tuoi inciampi, delle tue ossessioni visive.

La perfezione si compra.

L’autenticità si riconosce.

E oggi, nel caos visivo globale, chi viene riconosciuto… vince.



🎯 Il potere della macchina... quando sa essere imperfetta

Questa libertà — di sbagliare con senso, di sporcare con intenzione — non è solo concettuale. È anche tecnica.

Grazie ai sensori Canon, oggi abbiamo un range dinamico che non ti inchioda alla perfezione, ma ti dà margine per restare vero.

Quel margine vitale tra lo scatto professionale e il gesto umano.

Anche le imperfezioni meccaniche — piccole fluttuazioni, leggeri micromossi, micro-errori nella lettura della luce — diventano parte del racconto.

Si integrano perfettamente con la posizione di precarietà del fotografo: in bilico, accovacciato, appeso, distratto, emozionato.

In fondo, l’autenticità è fatta di spazi non previsti.

E una buona macchina — come una buona visione — sa lasciarteli.


📷 Fotografi che hanno fatto dell’imperfezione un’estetica:

  • Nan Goldin – cruda, vera, intima. Le sue immagini sembrano confessioni sussurrate in una stanza buia.
  • Ryan McGinley – gioventù, movimento, spontaneità. I colori scoppiano e la composizione si disintegra in poesia.
  • Juergen Teller – anti-glamour per eccellenza: flash sparati, pose innaturali, tutto fuori asse.
  • William Eggleston – il colore come linguaggio assoluto. Fotografia vernacolare che trasforma l’ordinario in iconico.
  • Vivian Maier – scatti rubati, instabili, pieni di verità.
  • Wolfgang Tillmans – imperfezione, casualità, sperimentazione continua del mezzo.
  • Daido Moriyama – grana sporca, bianco e nero violento, movimento e sensazione.
  • Ren Hang – crudo, colorato, provocatorio, libero.
  • Peter Lindbergh – anche nella moda, ha sempre cercato la verità della pelle, del volto, dell’essere.

CHRISTIAN D'ALCONZO 22 giugno 2025
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